就擢升新枢机以及部分圣品案表决举行的公开枢密会议上费尔南多·斐洛尼枢机发表讲话向教宗本笃十六世致意 - CONCISTORO ORDINARIO PUBBLICO PER LA CREAZIONE DI NUOVI CARDINALI E PER IL VOTO SU ALCUNE CAUSE DI CANONIZZAZIONE


就擢升新枢机以及部分圣品案表决举行的公开枢密会议上

费尔南多·斐洛尼枢机发表讲话向教宗本笃十六世致意

梵蒂冈圣伯多禄大殿

圣伯多禄宗座瞻礼

O一二年二月十九日

最可敬的教宗:

通过基督——“信德之门”,我们进入了上主的家居、教会,借圣洗之恩成为教会一员。在这教会怀抱内,我们成长;天主自由地、无偿地召叫我们成为司铎,藉此召叫,我们为了服务天主和兄弟姐妹们而受到祝圣。此外,因着深不可测的神圣导师的设计,我们在主教职务上领受了管理的任务。

尊敬的圣父教宗,您慈爱地接受我们在枢机主教团中,同时,您召唤我们加入您挚爱的罗马教区的神职班,又以极其特殊的方式将我们和您——伯多禄宗徒继承人联系起来,从而完成至高的使命,就是在教会内成为信仰合一与共融的原则和永久及可见的基础(参见《教会宪章》18)。

在此第四次擢升枢机典礼中,您选拔了我们二十二人,以代表基督教会的大公性及其不同神恩:我们中有些奉职罗马教廷,协助您为地方教会服务;有些是地方教会的牧人,包括远古和新兴的教会;另一些是杰出的导师,通过教学他们在人文学科和教会领域中陶成了好几代的男女。这些人各有特色,使人联想到伯多禄宗徒在凯撒勒雅的科尔乃略家中的一个美妙的思想:“我真正明白了:天主是不看情面的,凡在各民族中,敬畏他而又履行正义的人,都是他所中悦的”(宗1034-35)。

在灵性和人性的旅途中,天主允许我们每个人各有自己的人生,从而鲜明地流露天主之爱的绝对无偿和上主的垂爱:“我不再称你们为仆人,……我称你们为朋友”(若1515);在基督内的唯一信仰、对教会的爱、对教宗的忠诚、对人类的真正和重大需要的深刻认识,我们结合在一起。就如《希伯来书》第五章所表达的深远意义,作为司祭,对那些无知的人、迷途的人和脆弱的人,我们感受到了那恰如其分的慈悲(52)。

圣父教宗,我们所领受的枢机标志是红色的,这并非象征权力与统治或显扬穿带者的伟大,而是提醒我们耶稣受难的深层奥迹,祂任凭迫害祂的人给祂披上紫红色的长袍,由比拉多带到群众前,祂贬抑自己,听命至死、且死在十字架上(参见斐28)。今天,教会内也有许多成员因忠于我们的上主而殉道、受难和受到迫害。

圣父教宗,此时此刻,于我们来说,意义深长,我们满怀谢意、深情和承诺,愿意来到您前,奉上礼物,就是更新我们的忠诚,并全心全意地完成那些交给我们的特殊职责,不论是关乎罗马教廷、地方教会或者为真理和认识真理的服务。那重新赋予我们的信赖,就象无缝的长衣(若1923),我们愿意穿带,甚至不惜流血的代价usque ad effusionem sanguinis

今天,我们联同亲朋好友喜庆一堂,他们来自不同的地方教会、不同的民族——即我们原属的教会、原属的民族。事实上,任何圣召都诞生于人的环境,并在我们教友的生活中得以实践,因此我们在牧灵上与他们所建立的关系不会消失。圣父教宗,他们也感谢您,并向您保证他们为您祈祷(愿上主守护您Dominus conservet eum);支持您崇高的、普世性的教会职责(你是伯多禄Tu es Petrus)。

我们把枢机的服务交托给恩宠之母玛利亚的手中以得护佑;确切地说,是基督本人从十字架上将我们置于她慈母的护佑之下——“女人,看你的儿子!”(若1926)。我们祈求她,我们的母亲与我们同住。

我们用玛利亚的话向世世代代受祝福的天主也献上同样的祷文:“我的灵魂颂扬上主, 我的心神欢跃於天主, 我的救主”(路146-47)。

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CONCISTORO ORDINARIO PUBBLICO PER LA CREAZIONE DI NUOVI CARDINALI E PER IL VOTO SU ALCUNE CAUSE DI CANONIZZAZIONE

INDIRIZZO DI OMAGGIO AL SANTO PADRE DEL CARD. FERNANDO FILONI

Basilica Vaticana

Solennità della Cattedra di San Pietro

Domenica, 19 febbraio 2012

Beatissimo Padre,

Per la Porta della Fede, che è Cristo, siamo entrati nella casa del Signore, nella Chiesa, divenendone membri per la grazia battesimale. Nel seno di questa Chiesa siamo cresciuti e, per la libera e gratuita chiamata al sacerdozio, siamo stati consacrati al servizio di Dio e dei fratelli. Poi, per un imperscrutabile disegno del divino Maestro, ci è stato affidato un compito di governo con il ministero episcopale.

Vostra Santità, con benevolenza, aggregandoci al Collegio cardinalizio, ci ha chiamati a far parte del Clero della Sua amata Diocesi di Roma, legandoci, al tempo stesso, in modo del tutto singolare, a Vostra Santità, Successore dell’Apostolo Pietro, nell’adempimento della suprema missione di principio e fondamento perpetuo e visibile dell’unità della fede e della comunione nella Chiesa (cfr. Lumen gentium, 18).

In questa Sua quarta creazione di Cardinali, Vostra Santità ha voluto annoverare ventidue ecclesiastici che rappresentano la cattolicità della Chiesa di Cristo e la varietà dei suoi carismi: alcuni di noi provengono dall’ambito della Curia Romana dove già La coadiuvano nel servizio delle Chiese particolari, altri sono Pastori di antiche o più recenti Chiese particolari, altri ancora sono illustri maestri che, con il loro insegnamento, hanno formato generazioni di uomini e donne nelle scienze umane ed ecclesiastiche. Questa varietà di persone richiama alla mente la bella considerazione dell’Apostolo Pietro che a Cesarea, nella casa di Cornelio, commentava: «Davvero sto rendendomi conto che Dio non fa preferenza di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga” (At 10,34-35).

Nell’itinerario umano e spirituale che Dio ha permesso nella vita di ognuno di noi emerge con chiarezza l’assoluta gratuità dell’amore di Dio e la predilezione del Signore: “non vi chiamo servi ma amici”(Gv 15, 15); ci unisce l’unica fede in Cristo, l’amore per la Chiesa, la fedeltà al Papa e la profonda consapevolezza dei bisogni veri e gravi dell’umanità in mezzo alla quale camminiamo, provando, come sacerdoti, quella giusta compassione verso chi è nell’ignoranza, nell’errore e nella debolezza, secondo la significativa espressione del capitolo V della Lettera agli Ebrei (5,2).

La porpora di cui siamo stati insigniti ci rammenta, Beatissimo Padre, non tanto la grandezza di chi la portava quale simbolo di potere e di dominio, ma il mistero profondo della sofferenza di Gesù, che rivestito dai suoi aguzzini di un manto purpureo e presentato così alla folla da Pilato, si è umiliato facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce (cfr. Fil 2,8). Anche oggi nella Chiesa, per la fedeltà al suo Signore, non mancano il martirio, le tribolazioni e le persecuzioni in tanti suoi membri.

Beatissimo Padre, in questo momento, così significativo per noi, vorremmo, insieme ai nostri sentimenti di gratitudine, di affetto e di dedizione, presentarLe, quale dono, il rinnovato impegno di fedeltà, unito alla completa disponibilità nell’adempimento delle specifiche mansioni a noi affidate nella Curia Romana, nelle Chiese particolari o nel servizio alla verità e alla conoscenza di essa. La fiducia in noi riposta vorremmo portarla come veste inconsunta usque ad effusionem sanguinis.

Ai nostri sentimenti si uniscono oggi anche quelli, non meno profondi e gioiosi, dei nostri parenti ed amici, delle Chiese da cui proveniamo e dei popoli ai quali apparteniamo. Ogni vocazione, infatti, nasce in un contesto umano e si esercita nell’ambito in cui vivono i nostri fedeli, con i quali si generano relazioni pastorali che non si cancellano. Essi pure, Padre Santo, La ringraziano ed assicurano la loro preghiera per la Sua persona (Dominus conservet eum) e in sostegno al Suo supremo e universale Ministero ecclesiale (Tu es Petrus)

Poniamo il nostro servizio cardinalizio sotto la protezione di Maria Madre della Grazia; anzi è Cristo stesso, che dall’alto della croce ci mette sotto la sua materna protezione: “Donna ecco tuo figlio!” (Gv 19, 26). E chiediamo a Lei, Madre nostra, che venga ad abitare con noi.

A Dio benedetto nei secoli, si elevi con le stesse parole mariane la nostra preghiera: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore” (Lc 1,46-47).

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